top of page

SILENZIO E SOLITUDINE NEL CINEMA DI TSAI MING-LIANG : VIVE L'AMOUR

Gabriele Plutino

Aggiornamento: 25 apr 2024



Vive L’amour racconta il contraddittorio rapporto tra il giovane Hsiao-Kang, il venditore abusivo Ah-Jung e l’affascinante ma non più giovane May-Lin.


L’opera evidenzia chiaramente l'intento di esplorare, in continuità con i temi trattati nel film precedente 'I Ribelli del Dio Neon', la solitudine e il disagio interiore dei personaggi coinvolti nella narrazione.

Hsiao-Kang è un venditore di urne cinerarie senza fissa dimora. Approfittando di un momento di distrazione del proprietario di un appartamento, sottrae la chiave e vi accede di nascosto.


May Lin, un'agente immobiliare, è intenta a vendere proprio l'appartamento che il giovane ha infiltrato.


Ah-Jung, commerciante abusivo di tappeti, incontra per caso la seducente donna e, dopo aver avuto un rapporto sessuale con lei, le sottrae la chiave dell’appartamento dalla borsa, costringendola a procurarsene un'altra presso l'agenzia per cui lavora.


In sostanza, il film dipinge un ménage à trois alquanto insolito: i protagonisti, pur avendo costante accesso all'appartamento, raramente si incrociano.

A livello concettuale, Vive L'amour incarna l'impossibilità di affermarsi come individui e l'impraticabilità dei processi comunicativi, temi già presenti in 'I Ribelli del Dio Neon'


Le riprese statiche si prolungano ulteriormente, i dialoghi sono quasi inesistenti e la narrazione si dissolve completamente. Non c'è una logica di azione e reazione, né particolari raccordi che colleghino i gesti o strutturino logicamente i movimenti dei personaggi in scena. Sono piuttosto i campi lunghi a illustrare l'impossibilità comunicativa dei personaggi e la loro alienazione.

In effetti, quando li ritroviamo soli, le esasperanti costruzioni simmetriche, coadiuvate dalla messa in scena in profondità di campo, li rinchiudono in prigioni formali dalle quali sembra non riescano a fuggire. Quando invece li ritroviamo contemporaneamente all'interno di un'unica inquadratura, la puntigliosa suddivisione spaziale e il particolare rapporto campo/fuori campo gli impediscono di vedersi.


In Vive L’amour la composizione dell’immagine è significativa : i personaggi sono pervasi da una profonda solitudine interiore, una malinconia emotiva di cui le esasperanti prospettive si fanno metafora


Sopra : Hsiao-Kang bacia Ah-Jung, il quale non può vederlo perché dormiente.

Sotto : Hsiao-Kang sgattaiola fuori dal letto.

May-Lin, addormentata, non se ne accorge. Questo rapporto paradossale e ironico, nel quale personaggi racchiusi nella stessa inquadratura non riescono a comunicare, è uno dei cardini di tutta la poetica di Tsai Ming-Liang, il quale vede le relazioni interpersonali come realtà estremamente complesse


Tsai Ming-Liang, dunque, non narra, bensì mostra. La profonda solitudine e l'indolenza dei personaggi costituiscono elementi fondamentali che contribuiscono alla costruzione dell'immagine cinematografica nel suo insieme.

Il regista abbandona completamente i compromessi linguistici in favore dell'adesione alla natura audiovisiva del cinema, fatta di colori, suoni, luci, ombre, spazi e oggetti. È proprio a partire da questi elementi primari che emerge davanti agli occhi dello spettatore l'isolamento interiore dei personaggi, incapaci di esprimere i propri veri sentimenti (May-Lin non riesce a manifestare il suo amore per Ah-Jung, al pari di Hsiao-Kang).

Sembrano essere prigionieri di un soggettivismo innato che impedisce loro di colmare i propri vuoti, una condizione che Tsai rappresenta attraverso un straordinario lavoro di astrazione formale. Da un lato, le inquadrature non vengono mai sovraffollate, ma vengono ripulite da ogni elemento compositivo superfluo; dall'altro, si assiste a un rovesciamento dei segni: le azioni dei personaggi vengono svuotate del loro significato originario.


I personaggi sono sempre decentrati e portati ai lati dell’inquadratura (décadrage). Questa scelta compositiva si fa metafora delle loro mancanze interne


Bere l’acqua, immergersi nella vasca, distendersi sul letto. Attraverso la reiterazione del gesto, i personaggi del film sembrano voler cercare un sollievo che in realtà non giungerà mai


Laddove una parte della critica accusa Tsai Ming-Liang di puro manierismo, nasce probabilmente uno dei maggiori fraintendimenti del suo cinema: la percepita freddezza generale e la presunta mancanza di emozioni. In realtà, il meticoloso lavoro di messa in scena e il significativo rapporto tra il filmico e il profilmico, se osservati con attenzione, rivelano un'approfondita esplorazione delle emozioni umane. Le suggestioni emotive del film emergono proprio dalla geometrizzazione estrema e dall'ambiguità delle immagini. È la scelta di ripresa, unita alla durata prolungata delle inquadrature, a generare l’emozione.


Più a lungo un'inquadratura può essere osservata, più intenso risulta il processo di assimilazione da parte dello spettatore.


Da un lato, la strutturazione delle immagini è il mezzo principale per esprimere la solitudine e la frustrazione interiore dei personaggi. Dall'altro, dimostrando che Tsai non persegue un'estetica fine a se stessa, il suo cinema diventa un teatro di segni e simulacri.


Si considerino, ad esempio, le sigarette fumate incessantemente, l'acqua bevuta come breve sollievo, il letto come luogo di solitudine e introspezione, il rumore dei passi che, rimbombando, accentua il vuoto degli spazi, o gli esterni grigi e desolati.


In particolare, riferendoci a quest'ultimo punto, è importante citare la penultima sequenza del film, in cui May-Lin attraversa un parco nel cuore di Taipei. Il tutto si sviluppa attraverso due movimenti di macchina: il primo subordinato (una carrellata laterale che segue la donna) e il secondo libero (dove la camera si arresta ed esegue un’ampia panoramica sul parco). La funzione di questa sequenza è quella di collegare, mediante riferimenti simbolici (la desolazione generale, i colori spenti, l’assenza di persone), lo stato interiore di May-Lin con quello del parco, che per un breve lasso di tempo scompare dall’inquadratura per poi farvi ritorno.




L'inquadratura finale del film è un primissimo piano di 6 minuti sul volto della donna che, in preda alla disperazione, si lascia andare a un pianto straziante: il processo di immedesimazione emotiva raggiunge il suo culmine, lo spettatore non può fare altro che subire la dolorosissima scena.




Vive L’amour, quindi, non rappresenta solamente il logos del successivo cinema di Tsai Ming-Liang, che troverà piena espressione in opere come 'I don’t want to sleep alone' (2006) e, specialmente, 'Stray Dogs' (2013); è anche l’esempio perfetto della visione che egli ha delle relazioni umane, interpretate tanto in termini di amicizia quanto, soprattutto, di amore.


“I miei film trattano le relazioni umane come fossero degli esperimenti, non c’è una vera conclusione, sono sempre esperimenti realizzati partendo da delle distanze.All’inizio rendo queste distanze molto grandi, ed è da lì che comincio a sperimentare”



NOTE




 
 
 

Komentáre


Trame invisibili

  • alt.text.label.Instagram
bottom of page