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PRISCILLA

  • Gabriele Plutino
  • 7 mag 2024
  • Tempo di lettura: 2 min

Osservando l'immagine di copertina di questo articolo, possiamo tracciare uno degli itinerari concettuali dell'ultimo film di Sofia Coppola: "Priscilla". Come nel suo precedente lavoro, "Marie Antoinette" (2007), la protagonista subisce un processo di bidimensionalizzazione che la trasforma da soggetto a icona, a mera immagine.


Nel film della Coppola, questa oggettificazione è appannaggio dello sguardo maschile, principalmente quello di Elvis e poi dell'intero entourage di amici e parassiti che lo accompagnano nella vita quotidiana, e si manifesta principalmente attraverso due tecniche: il campo/controcampo e la sfocatura dello sfondo.


Nel primo caso, se prendiamo in considerazione l'incontro tra Elvis e Priscilla, possiamo notare come sia lei, prima di tutto, a guardarlo. Il soggetto-immagine guardato diviene così l'artefice di un processo proiettivo che trascina la protagonista a diventarne dipendente.

In un film come Men (Alex Garland, 2022) si compiva lo stesso meccanismo ma con esiti diversi : l'opera di Garland ruotava, infatti, attorno all'elaborazione di un trauma che si configurava nella protagonista a partire dall'incontro del proprio sguardo con quello del marito nel momento in cui si gettava dalla finestra.

In Povere creature (Yorgos Lanthimos, 2023) il fish eye deformante e le soggettive a buco di serratura diventano strumenti per osservare, manomettere e stravolgere le pulsioni di Belle.

Nel film di Sofia Coppola, invece, lo sguardo maschile diventa l'elemento che costruisce l'identità della protagonista.


Questo processo va di pari passo con un lavoro di appiattimento generale dell'immagine cui Priscilla aderisce nel corso del racconto.

L'effetto flu, allora, non è, come convenzionalmente suggerirebbe il linguaggio classico, solo un modalità di canalizzazione dell'attenzione dello sguardo maschile (di Elvis, dei suoi amici, dello spettatore) ma partecipa all'intero impianto visivo-drammaturgico del film, costringe la protagonista in una condizione di prigionia e ne appiattisce il corpo, snaturato, ridotto ad un sovraccarico di protesi e imprigionato all'interno di uno spazio dal quale sembra non poter scappare.


Priscilla, quindi, incarna la volontà di Sofia Coppola di proseguire nel consolidamento della sua poetica distintiva, che include incursioni nel teen drama, la decostruzione delle icone pop, la riflessione sui caratteri dell'immagine e la funzione semantica degli spazi. L'autrice non si limita semplicemente a far progredire il racconto, ma utilizza efficacemente svariati elementi del linguaggio cinematografico per stabilire un'eccezionale coerenza tra il discorso narrativo e le forme espressive impiegate.

 
 
 

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Trame invisibili

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