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  • Gabriele Plutino

Hit Man - Killer per caso

Hitman è un film illusorio, apparentemente conformista ma immorale fino al midollo, con personaggi estremi che vengono presentati come normali ed eventi che parrebbero in una direzione per poi, improvvisamente, cambiare traiettoria.

Quello che Linklater ha realizzato è una sorta di incontro tra la brillantezza narrativa delle migliori screwball comedy e, come affermato dallo stesso regista in un'intervista su Film TV, l'abisso morale del noir.

La storia, ad un certo punto, si aggroviglia talmente tanto su sè stessa che l'unico modo in cui il regista può esagerare senza uscire dall'apparenza del film canonico e godibile è portarla ad un accumulo di situazioni tale che, narrarivamente parlando, l'insoddisfazione del finale è solo vaga, poiché riluttante a seguire uno schema rigido, diventando parte integrante dell'immoralità del tutto.

In sostanza, da una parte sembra che la partitura del film sia perfettamente ancorata alle regole del genere, agli schemi classici, dall'altra non vuole rinunciare ad una struttura più libera, da produzione indipendente, con interpreti che improvvisano e situazioni rocambolesche.

Questo matrimonio apparentemente impossibile tra il metodo Linklater e la lezione dei grandi registi classici (Wilder, Sturges, Hawks) è sicuramente uno degli elementi più interessanti del film. La coppia, elemento imprescindibile tanto per il genere noir quanto per la screwball e qui formata dal falso killer professionista i cui camuffamenti rimandando ai tanti sicari della fiction e della femme fatale che gli commissiona l'omicidio del marito, funziona come perfetta metafora di un patto emotivo e teorico che deve perforza di cose funzionare e amalgamarsi. Il lato oscuro dell'essere umano convive con il suo opposto sentimentale.

Quindi un genere sull'altro, un immaginario sull'altro.

Aspetto di grande interesse, in Hitman, è anche l'esplorazione nichilista del concetto di "identità", costante di gran parte del cinema di Linklater qui declinato a partire da due personalità apparentemente distinte che si innamorano l'uno dell'altra (risuonano gli echi della bellissima trilogia dell'amore).

I due scoprono di avere sintonia sessuale e recitativa, sono ambigui (il noir) e divertenti (la commedia), sanno prendersi in giro reciprocamente e alterare, attraverso continui colpi di scena, i rapporti di forza (un altro elemento sorprendentemente in comune di noir e screwball).

Il tutto in nome di un equilibrio e di un meccanismo narrativo mai tralasciati, sempre pronti ad alimentarsi nell'immaginario audiovisivo e nel mondo dei generi.

Un film che si finge scanzonato per spingersi in realtà ben al di là delle più rosee aspettative, unendo la vivacità di School of rock e la profondità nello scorrere del tempo dei Before e di Boyhood, per una riflessione esistenziale affatto banale intorno alle specificità individuali e nelle modalità con cui rapportarsi con gli altri e con le loro aspettative, tra Nietzsche, Freud e Pirandello.



VOTO


⭐️⭐️⭐️1/2






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