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ATLANTA (S01)

Gabriele Plutino

Aggiornamento: 11 apr 2024

ATLANTA (S01)

FX E IL MODELLO COMICO-AUTORIALE : LA SIT-COM INDIPENDENTE

Era il 2010 quando FX mandò in onda la prima stagione di Louie (Louis C.K., 2010), la sitcom che cambiò in modo significativo il panorama della comedy televisiva.


Louie fu in grado di coniugare la necessità autobiografica del suo autore con le incursioni nel medium cabarettistico (la stand-up comedy), lavorando anche (e specialmente) su un piano brillantemente cross-mediale.

Per la prima volta una sit-com fu costruita sulle spalle di uno showrunner contraddistinto (per accordi) da una totale indipendenza inventiva, e quindi, affidata in termini di responsabilità e successo nelle mani del proprio creatore.


Questo rappresentò la nascita di un nuovo modello di comedy televisiva, che giunta a un punto cruciale del proprio percorso (ricordiamo opere cardine come Seinfeld [Larry David, Jerry Seinfeld, 1989-1998] Arrested Development [Mitchel Hurwitz, 2003-2019], I Simpson [Matt Groening, 1989], F.R.I.E.N.D.S [Marta Kauffman, 1994-2004] Scrubs [Bill Lawrence, 2001-2010] The Big Bang Theory [Chuck Lorre, Bill Prady, 2007-2019...] sentiva la necessità di replicarsi in altre forme (e quindi di ibridarsi con altri medium).


Louie, di Louis CK (2010)


Commedie complesse come Anger Management [Bruce Elford, 2012-2014] Better Things [Pamela Adlon, Louis CK, 2016-2022] o Saint George [GiorgioLopez, David McFadzean, Matt Williams, 2014] si stagliano all'interno del suo ecosistema cercando di leggere questa tendenza con la maggior puntualità possibile; tuttavia, l'unico prodotto ad aver centrato in maniera brillante il discorso successivo alla post-serialità, ereditando i lasciti di Louie, è sicuramente Atlanta, serie creata nel 2016 dal cantante, comico e attore statunitense Donald Glover che trascina il discorso impostato da Louis CK alle sue estreme conseguenze, raggiungendo forse uno dei punti più alti nell'attuale panorama televisivo neo-seriale.


ATLANTA : TRAIETTORIE CROSS E TRANS-MEDIALI


Non è un segreto che Atlanta sia stata fortemente influenzata dalla dimensione di provenienza di Glover, quella del rap (non dimentichiamo però anche il suo ruolo comico in Community e la sua breve esperienza nella stand-up comedy).

Childish Gambino (questo il nome d’arte di Glover) costruisce un’impalcatura estremamente solida, atta a contenere le implicazioni della sua formazione culturale, dove il rap e l’integrazione divengono temi che percorrono strade parallele.


The thesis with this show is kind of to show people how it feels to be black - Donald Glover

Se quindi Louie gravitava morbosamente intorno all'esigenza di allargare lo sguardo sui dilemmi e sulle incoerenze dell'uomo americano contemporaneo, Atlanta si interroga su cosa significhi essere neri all'interno dell'America di oggi.

Glover, proprio come C.K., non è più un semplice showrunner, ma un vero e proprio autore che scrive, dirige e monta ogni episodio, implementando nell'economia del racconto gran parte della sua esperienza artistica, dal videoclip pubblicitario al talk show, dalla stand-up comedy al lavoro linguistico tramite i social media.


Due scene del videoclip musicale "This is America", singolo pubblicato da Gambino nel 2018 e diretto dal regista giapponese Hiro Murai, frequente collaboratore di Glover


La presenza delle armi da fuoco è evidente sia nel videoclip sopra citato sia nella serie. Il modo in cui Glover veicola il proprio messaggio e mette in comunicazione i diversi media è estremamente raffinato.


Il lavoro di diversificazione formale operato da Glover è brillante, poiché sfrutta appieno tutte le potenzialità offerte dai diversi media differenziandoli e adattandoli al contenitore televisivo, eliminando di fatto le barriere esistenti tra le varie tipologie di mezzi comunicativi.


Nel videoclip musicale "This is America" Gambino denuncia i pericoli e la violenza che circondano la comunità nera negli Stati Uniti (l'amore malato per le armi, i fatti di cronaca nera), ma mostra anche una forma di autocritica verso quei modelli consumistici che annebbiano la vista di chi dovrebbe avere valori più importanti, soprattutto gli afroamericani.

Tali tematiche possono essere ritrovate spesso all'interno di Atlanta: all'inizio della prima puntata Paper Boi spara per sbaglio a un suo hater uccidendolo, nella terza puntata il capo dei Migos uccide un uomo che aveva tentato di fregarlo, nell'ultima puntata invece l'autista di Earn, Darius e Paper Boi viene ucciso a colpi di pistola dalla polizia, dopo che aveva tentato di scampare all'arresto.



Quanto sopra dimostra non solo l'efficacia e la raffinatezza di Gambino nel suo approccio al meccanismo cross-mediale, ma ci consente anche di comprendere l'importanza dell'ibridazione linguistica, punto focale della neo-serialità e modello fondamentale per l'intensificazione e il veicolamento dei messaggi.


I telefoni cellulari di ultima generazione, gli abiti eleganti e i ristoranti costosi sono tutti simboli del modello consumistico che è emerso nella società afroamericana. Glover non ha paura di criticare questo modello, e lo fa attraverso lo sguardo di Earn, il protagonista della serie.


Nel suo fondamentale Cultura convergente Henry Jenkins afferma : «la transmedialità è un processo nel quale gli elementi integrati di una narrazione vengono sistematicamente separati e diffusi tramite diversi canali di comunicazione, con lo scopo di creare una esperienza di intrattenimento unificata e coordinata. Idealmente, ogni media dà un contributo unico allo sviluppo della storia».


Ed è proprio questo ciò che fa Glover: spinto dall’urgenza della riappropriazione culturale, imbastisce una narrazione che si staglia su più piani linguistici, utilizzando come portavoce proprio Atlanta, che cambia radicalmente il modo di intendere la black comedy.


In effetti, non si tratta più di un discorso legato all'autorappresentazione, bensì di una serie concepita in modo autocritico, il cui intento sembra essere quello di mostrare all'uomo bianco la cultura e la vita afroamericana, con tutte le sue contraddizioni certamente, ma finalmente caratterizzata da una propria centralità.


L'importanza del modello atlantiano è evidente dal fatto che negli anni successivi alla sua nascita alcuni autori afroamericani ne hanno ricalcato il percorso, cercando di far riguadagnare importanza alla cultura nera. Tra questi vi sono registi come Jordan Peele (che utilizza il genere horror per ridefinire i suoi rapporti con la cultura bianca), Lena Waithe o Ryan Coogler (che utilizza, insieme alla Disney, il cinecomic per riappropriarsi della propria centralità culturale), esponenti recenti della contro-narrativa gloveriana.


Scappa - Get Out, di Jordan Peele (2017)

Black Panther, di Ryan Coogler (2018)


L'horror e la fantascienza sembrano essere i generi cinematografici che maggiormente si prestano ad una rilettura pop e dal basso della "blackness". Si tratta della cosiddetta "cultura afrofuturista", che critica l'idea tradizionale di progresso, spesso vista attraverso lenti eurocentriche e capitalistiche, proponendo invece un futuro in cui le culture africane e afrodiscendenti sono al centro, immaginando scenari in cui hanno sviluppato le proprie tecnologie e società avanzate, spesso in maniera sostenibile e in armonia con la natura. Invece di seguire un percorso lineare dettato dal colonialismo o dalle ideologie occidentali, l'afrofuturismo esplora concezioni alternative del tempo e dello spazio, offrendo nuove narrative e possibilità che sfidano le strutture di potere esistenti.



ATLANTA E TWIN PEAKS



È difficile collocare Atlanta all'interno di un genere preciso; da questo punto di vista, non è sbagliato considerare il lavoro di Gambino simile a quello fatto da David Lynch con Twin Peaks.


Se nel capolavoro degli anni Novanta si utilizzava la soap opera come base per srotolare un giallo a puntate, che avesse anche implicazioni horror, comedy, drammatiche e sovrannaturali, in Atlanta si parte dalla sit-com per compiere sostanzialmente lo stesso percorso, ma con una lettura puntuale e brillante del procedimento di ibridazione e adattamento tra i vari media.


Persone normali si trovano improvvisamente in situazioni fuori dall'ordinario (i parcheggiatori muniti di spada laser), momenti che mutano dal banale al surreale (il litigio tra Earn e la cameriera), dialoghi al limite dell'assurdo (nella prima puntata Darius pronuncia strane parole mentre sta fissando un cane randagio sul bordo della strada).

Nonostante le numerose sfide, i personaggi della serie dimostrano una notevole capacità di adattamento ai diversi contesti, riflettendo l'approccio di Glover nel tradurre i vari linguaggi nel mezzo televisivo. Essi continuano i propri percorsi di vita e incarnano gli insegnamenti della cultura rap, ovvero la capacità di superare le difficoltà quotidiane e trasformare il disagio interiore in arte.


"I just always wanted to make Twin Peaks with rappers." Donald Glover

Atlanta sembra riuscire proprio in questo, eliminando le barriere che hanno sempre separato i vari media e limitato le potenzialità dei linguaggi per acquisire una totale autonomia d'azione e trasformarsi in un testo che può definirsi "artistico" a 360 gradi.


L’ESTETICA FUNZIONALE


Donald Glover sceglie, ragionando sui concetti di corrispondenza individuale, ecosistema e uguaglianza, di trascendere (in buona parte almeno) la consequenzialità e la persistenza del racconto, vertendo su una narrazione più verticale, prendendo in esame la composizione “antologica” tipica della sit-com e ridefinendone i confini, oltre ad assottigliare, attraverso un’attenta riflessione su messa in scena e composizione, la linea di separazione tra dramma e commedia.


Le frequenti panoramiche aeree presenti nella serie si occupano di collocare la diegesi al di fuori delle convenzioni estetiche del genere.

Nonostante la durata delle puntate sia a tutti gli effetti quella di una sit-com, il lavoro propedeutico sugli spazi (che non sono più chiusi, ma aperti) colloca la serie di Gambino all'interno di un contesto ben più amplio.



Viene quasi teorizzata una possibile natura "fantasmatica" dell'arco narrativo, che pur partendo da un presupposto ben definito (un omicidio) finisce con l'essere abbandonato a scapito di un reale interesse per lo svolgimento situazionale.

Così la struttura narrativa della serie diviene lo specchio della struttura sociale statunitense, caratterizzata da anomalie non cicatrizzabili e avvinghiata a continui percorsi extra-ordinari, dove (stilisticamente parlando) lo stereotipo viene utilizzato da Glover per dilatare l'interiorità della sintassi.

Ad Atlanta, i personaggi sono spettatori delle proprie vite. Attraverso un processo di decostruzione, la loro funzione viene estremizzata, trasformandoli in veri e propri simboli che, di pari passo con lo svolgimento delle vicende, vengono prelevati da situazioni tradizionali per poi essere ricontestualizzati in impianti differenti da quelli di partenza, donando al (voluto) processo di astrazione originalità ed efficacia.


Atlanta è quindi un prodotto che si interessa (visibilmente) a raccontare le dinamiche sociali di una città prendendo come punto di riferimento un contesto molto più ampio, attraverso un lavoro propedeutico e di conglobamento sul medium musicale e sulla crossmedialità. Si vedano al tal proposito l'iconica e sperimentale B.A.N (1x07) e la sequenza interdialogica della 1x04, con lo zoom out che fa da veicolo comunicatore tra lo smartphone e il personaggio di Alfred (che è anche lo spettatore) in una sintesi importantissima (e in termini estetici e in termini di linguaggio) che ha quasi il sentore di una dichiarazione di poetica.



B.A.N, la settima puntata della prima stagione, è strutturata come un talk show di 30 minuti. La sua impostazione è frammentata e sperimentale, l'apoteosi del discorso neo-seriale di Glover.



La prima stagione di Atlanta porta quindi forma e contenuto a muoversi parallelamente, tra realismo e surrealismo, politicamente scorretto, autocritica, linguaggi e una profonda irriverenza. È la manifestazione totale del black power, che con Glover scova nel mezzo televisivo terreni non ancora battuti.

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